Dopo il tramonto della commedia dell'arte, si apre il secondo grande periodo del teatro italiano, in cui il grande attore emerge come personalità dominante, intrepretando sia i classici, sia i drammi della nuova letteratura straniera: da Metastasio e Alfieri si passa a Pellico e Niccodemi, fino alla riscoperta di Shakespeare, a Verga e Pirandello. Dal Modena alla Duse, da Salvini a Zacconi, lo spettacolo teatrale italiano è improntato sui nuovi sentimenti di indipendenza e libertà. Sorse inoltre il teatro dialettale con i suoi grandi attori popolari in stretta relazione con il varietà (Viviani e Petrolini) e il cinema degli esordi (Fregoli, Musco, fino a De Sica e Totò). In questa antologia, composta da scritti di critici e degli stessi attori, viene rievocata un'epoca felice dello spettacolo teatrale, in cui campeggia il grande attore, figura che rispecchia e incarna i sentimenti, le convinzioni, gli atteggiamenti della nazione.
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La lunga storia degli Estensi affonda le radici nella leggenda. Affermatasi a Ferrara fin dal Medioevo, la casa d'Este vide proclamata la propria autorevolezza dalla gloria acquisita per opera del marchese Niccolò III. La discendenza vide salire al trono di Ferrara figure di rilievo: Leonello, Borso ed Ercole I, ai quali va ascritto il merito di avere reso la città il primo nucleo urbano moderno in Europa. Divenuti duchi, gli Estensi concepirono il volto di Ferrara come città non solo ideale, ma anche reale e a misura d'uomo. Le arti figurative, la poesia e la musica la resero una delle maggiori capitali del Rinascimento, che vide il proprio territorio estendersi fino a coprire un ampio segmento della penisola, dall'Adriatico agli estremi contrafforti di Garfagnana e Lunigiana. Il ducato di Modena, poi, rappresentò il nuovo centro del potere dinastico e dovette dissolversi solo per la costituzione dell'Italia unita. Le politiche matrimoniali dei duchi estensi fecero sì che il loro sangue continuasse a circolare nelle vene della nobiltà europea, fino a rendersi stirpe viva ancora ai nostri giorni. La dinastia di casa d'Este percorre larghi tratti della storia d'Italia e d'Europa, la cui lettura, attraverso lo sviluppo delle vicende individuali e familiari, appare oggi ancor meglio rappresentabile.
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Libri d'artista, libri oggetto e capolavori d'arte tipografica, frutto delle mani di esperti artieri dei caratteri mobili, del torchio e della stampa artistica; microedizioni, talvolta autoprodotte, in tirature minime o pezzi unici e altre sorprendenti creazioni in forma di libro sono i protagonisti del volume, dedicato ad una delle maggiori collezioni del genere in Italia, quella di Maria Gioia Tavoni. Artisti affermati come André Beuchat, Marina Bindella, Catherine Bolle, Graziella Da Gioz, Luciano De Vita, Ezio Gribaudo, Alina Kalczynska, Mimmo Paladino, Tatsunori Kano, Emilio Vedova e molti altri intrecciano i loro mondi immaginati ai fogli passati sotto ai torchi. Si creano così prodigiosi ritrovati di bellezza cartacea, da toccare e da sfogliare. Storica del libro e delle biblioteche, per anni Tavoni ha raccolto e selezionato oltre settecento rarità bibliografiche, perle per bibliofili e raffinate edizioni contemporanee, italiane e straniere, per la prima volta in queste pagini ammirabili da tutti. La collezione «libridinosa» nel 2023 è entrata nella Biblioteca Poletti del Comune di Modena, da oltre vent'anni impegnata a raccogliere, catalogare e promuovere il libro d'artista. Con schede critiche di Antonio Bagnoli, Anna Bernabé, Jacopo Bovino, Paola Castellucci, Francesco Citti, Agostino Contò, Alessandro Corubolo, Samuele Di Saverio, Massimo Gatta, Lucio Passerini, Elisa Pellacani, Mattia Petino, Federica Rossi, Barbara Sghiavetta, Paolo Tinti, Matteo Totaro, Maurizio Vivarelli. Schede bibliografiche di Laura Bagni, Debora Dameri, Tania Tarroni.
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Lauro Venturi ritorna alla sua infanzia affrescando ogni lettera dell'alfabeto con i ricordi ancora vividi di quegli anni: l'acqua per bere e lavarsi da prendere nel pozzo, il bagno una volta alla settimana, il barbiere che arrivava a casa in Lambretta, la trebbiatura del grano e l'elettricità, piena di pericoli. Ne emerge un racconto che privilegia la descrizione dettagliata alla nostalgia, e che consegna al lettore un'idea positiva del contesto genuino ed essenziale dei primi anni Sessanta, nella campagna che, tra Modena e Bologna, diventa collina. L'età che si affaccia alla vecchiaia, ma anche la voglia di raccontare un tempo povero di risorse materiali ma ricco di esperienze, sono il propulsore di questo viaggio, che si tiene comunque lontano dal "si stava meglio quando si stava peggio". Leggendo queste pagine, scopriamo anche che il piacere di raccontare può prevalere su qualsiasi altra motivazione, solo apparentemente più nobile. Chiude il volume una riflessione tecnica sul valore dei ricordi e sulla loro possibile valenza terapeutica.
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«'Già da allora parlavamo quasi tanto come adesso del cinema che bisognava fare in Sudamerica e di come bisognava farlo, e i nostri pensieri erano ispirati al Neorealismo italiano, che è - come dovrebbe essere il nostro - il cinema con meno risorse e il più umano che sia mai stato fatto'. Queste parole del celebre scrittore colombiano Gabriel Garcìa Màrquez, pronunciate all'Avana il 4 dicembre 1986, durante l'inaugurazione della scuola di cinema intitolata a Cesare Zavattini, offrono una delle numerose testimonianze del grande ruolo che Za, come lo chiamavano gli amici, ha assunto nella promozione, a livello internazionale, di produzioni artistiche sviluppatesi in Italia nel secondo dopoguerra, legate in particolare alla poetica neorealista. A trent'anni dalla scomparsa dello scrittore e intellettuale originario di Luzzara, paese della Bassa reggiana, la Biblioteca Panizzi e la Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia hanno voluto approfondire e valorizzare gli aspetti d'una tale visione cosmopolita, di grande interesse sotto il profilo storico e culturale. L'iniziativa, dal titolo Zavattini oltre i confini, si propone di ampliare le conoscenze sull'attività svolta da Za, sia nei vari ambiti artistici (da cinema e letteratura alla pittura) sia in quelli geografici (dall'Europa al Nuovo Continente), affrontando inoltre argomenti particolari come i temi della pace, del viaggio (seguendo ad esempio le tracce di Van Gogh), i rapporti con Marquez e con gli ambienti cosmopoliti ebraici. Zavattini oltre i confini è dunque il titolo non solo d'un calendario di appuntamenti, ma anche di un originale e nuovo progetto d'indagine che propone, nella nostra città, una mostra allestita nella suggestiva cornice architettonica quattrocentesca di Palazzo da Mosto, recentemente restaurato, e un convegno di studi nel luogo più rappresentativo nel campo della formazione e della ricerca, l'Aula Magna dell'Università di Modena e Reggio. Attingendo a importanti fondi dove sono conservate documentazioni e opere, in primo luogo al ricco patrimonio dell'Archivio Cesare Zavattini donato alla Biblioteca Panizzi da Arturo e Marco, figli dell'autore, e alle raccolte di dipinti dei Musei Civici reggiani e della Pinacoteca di Brera, il risultato dell'intenso lavoro di ricerca svolto dal gruppo di studiosi che hanno partecipato al progetto Zavattini oltre i confini è ora contenuto in questo volume.» (Luca Vecchi, Annalisa Rabitti, Davide Zanichelli)
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Per sottrarsi alle persecuzioni naziste dopo aver perso i genitori nei campi di concentramento, settantatré giovanissimi ebrei, tra i sei e i diciassette anni, attraversano la Germania e la Slovenia e riescono ad arrivare in Italia, a Nonantola, un paese in provincia di Modena. Qui, a dispetto del fascismo e delle campagne razziali, l'intera popolazione si mobilita per aiutarli, offrendo loro protezione per un anno intero. Ma l'8 settembre del 1943 la situazione precipita: Nonantola viene occupata dai nazisti e i ragazzi devono essere messi in salvo in fretta e tenuti nascosti, con la speranza di farli espatriare in Svizzera. Ripercorrendo la storia rocambolesca dei ragazzini in fuga dal Reich, Mirella Serri riporta alla luce anche il segreto e tenace lavorio di un personaggio poco conosciuto ma centrale nella Shoah: il gran Muftì di Gerusalemme, Amln al-Husaym, esponente dell'islamismo più radicale. Da Berlino, dove si era rifugiato lavorando a fianco di Hitler e di Eichmann, al-Husay-ni cercò in ogni modo di bloccare l'espatrio e la salvezza degli ebrei, inclusi i ragazzi che si rifugiarono a Nonantola, arrivando perfino a costituire una divisione autonoma di SS musulmane nei Balcani per precludere l'ultima via di scampo. Quella dei ragazzi di Nonantola e dei loro salvatori è una storia di eroi dimenticati o trascurati, una storia di ribellione corale alle dittature, una storia tutta italiana e al tempo stesso universale di generosità e di profonda umanità, in una lotta contro il male che si rivela, con altri volti e altri nomi, drammaticamente attuale.
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